STORNELLI

UNA VENETA A ROMA

ROMA - MAGGIO 11, 2021

Alice ha 22 anni. Viene da Scorzè, un paese di appena 19.000 abitanti, e si è trasferita a Roma, nel quartiere Nomentano (che conta circa 200.000 residenti) per giocare a pallavolo. Tra l’università, una vittoria ai campionati del mondo u18 ed una promozione in A1, ci racconta dei suoi anni qui. Vincere un mondiale in Perù non ti permette di non aspettare il 435 per andare a Porta di Roma. La cena perfetta? Un panizzo romano…



Eccoci Alice, cominciamo dall’inizio. Allora, il primo impatto, quando hai ricevuto la proposta, e a cosa hai pensato in quei giorni? Eri ancora piccola quando hai iniziato giusto? Allora, ho ricevuto la proposta per venire a giocare a Roma

durante l’estate dei 17 anni. Un giorno il presidente della mia squadra di

allora, venne durante una manifestazione, e mi disse che c’era questo interesse

da Roma. Mi disse però che avevo poco tempo per decidere, perché ad Agosto

avrebbero ricominciato gli allenamenti, ma io non ho avuto nessun dubbio, ci ho

pensato 1-2 giorni ma avevo già la risposta pronta, volevo venire. Sono stati i

miei genitori ad essere un po’ più scettici: “sei ancora piccola” mi dicevano,

dovevo andare in una città che non conoscevo, a vivere da sola, avevano quelle

preoccupazioni che possono avere dei genitori per una figlia di 17 anni che

deve partire per Roma.

Eri mai stata qui? Non ero mai stata a Roma prima di viverci, immaginavo che

l’approccio ad una grande città sarebbe stato abbastanza impattante perché

sicuramente sarebbe stato un cambio completo dello stile di vita.

E come sono andati i primi giorni? Sono arrivata a Roma per la prima volta in treno, per qualche giorno, poi sono ritornata poco dopo in macchina, con i miei genitori, che mi

hanno aiutato a portare giù delle cose. E durante quei giorni ero super

emozionata, mi si apriva un’opportunità senza precedenti che comunque avrebbe

dato una svolta decisiva alla mia vita. Il fatto di essere arrivata a Roma mi

dava una carica assurda perché comunque era una città di cui avevo sentito

parlare nei libri di storia o dalle esperienze di amici che ci erano stati, ma

che non avevo mai vissuto in prima persona, quindi l’emozione era forte ed

evidente; inizialmente ero super chiusa, cercando di studiare l’ambiente, come

sono abituata a fare quando vengo inserita in nuovi contesti. Ero consapevole

del fatto che avrei incontrato dei problemi organizzativi essendo abituata ad

andare a scuola dietro casa mi trovavo invece a dover mettere insieme tanti

nuovi impegni.

Quali erano i tuoi posti, i tuoi punti di riferimento, in quegli anni? C’era il campo, andavo ad allenarmi al PalaFord in via Rossellini, e la mia casa, soprannominata Casetta, dove vivevo con altre 11 ragazze, che era attaccata alla palestra, attraversavi la strada ed eri a casa. Da questo punto di vista ero quindi ben organizzata. Il problema era la mia scuola, il Battisti, che stava a Cavour, proprio alla fermata metro, super centrale, infatti dalla via di scuola vedevo il Colosseo. Però un’ora ci voleva tutta per arrivare da casa a lì, infatti

spesso mi capitava di entrare in ritardo, e poi ovviamente i miei compagni

restavano fuori a parlare dopo scuola, mentre io me la davo a gambe elevate e

mi fiondavo in metro. Per fortuna il tempo che perdevo per andare a scuola lo

guadagnavo con il fatto che la palestra era sotto casa. In realtà quando sono arrivata a Roma mi hanno anche consigliato di cambiare percorso, facendo ragioneria. Io però volevo andare al tecnico, perché volevo fare lingue e non volevo compromettere il percorso iniziato, e la scuola più vicina per fare questo era proprio a Cavour. Non era

comodo ma ero decisa, ho preso tutte le informazioni, mi sono fatta un abbonamento e sono andata.

A tempo libero come eri messa invece? Sì forse ne avevo dopo le partite, e basta, perché tra allenarsi, studiare e riposarsi non è che avessi tutto questo tempo libero.

Anche gli allenamenti erano una novità per me, non mi ero mai allenata 4 ore al

giorno, ed è stata una grossa difficoltà da gestire. La mia vita sociale girava

prevalentemente attorno ai miei compagni di classe, con cui in realtà uscivo

quasi mai, e soprattutto le mie compagne di squadra. Se avessi potuto

sicuramente averi sfruttato di più il tempo libero, ma ero talmente stanca dopo

gli allenamenti che spesso sfruttavo il tempo libero per girare solo quando

scendevano i miei genitori.

E quando non ti allenavi, dove ti piaceva andare? C’erano svariati posti dove mi piaceva andare, sicuramente fuori a mangiare, andavo spesso con i miei genitori all’Arrosticinaro, alla Mucca Bischera, da Mario al Tesoro, e poi dai miei preferiti, che sono Straforno e soprattutto i Panizzeri, un posto tipico romano per il quale impazzivo, non vedevo l’ora di andarci, anche perché la cucina romana mi fa tuttora impazzire. Con le mie compagne, tra cui la bellissima Sofia, invece, la sera si andava al Sole e Luna, o al Caffè del Parco, che erano i punti di aggregazione, dove vedevamo prevalentemente i compagni di classe e amici delle mie compagne di squadra, perché appunto io non avevo una vita sociale molto legata ai miei compagni, che frequentavano ambienti più del centro, mentre le altre

ragazze di Casetta andando a scuola al Nomentano, al Pacinotti o al Matteucci avevano

amici e amiche in zona. E un altro posto che non posso proprio tralasciare è Porta

di Roma. Per Porta di Roma prendevi il 63 da L.go Pugliese, poi il 435 ed eri arrivata.

Se ti andava bene ci mettevi un quarto d’ora, se ti andava male lo aspettavi

tutto il pomeriggio, però faceva parte del gioco, se volevi andare al cinema ti

toccava. Anche perché in casa eravamo tantissime, e non avendo mai nessuno che

ci accompagnava dovevamo trovare tutti questi escamotage per cavarcela. Adesso, da più grande, vedere che sacrifici facevamo, non avendo la patente, mi sembra assurdo, vivere in una città del genere senza avere la macchina mi sembra veramente infattibile. Però certamente sono cresciuta, le priorità sono un po’ cambiate, se prima ero disposta a spendere un’intera giornata libera ad aspettare un mezzo adesso cerco di ottimizzare di

più il tempo.

Alice Pamio

Pallavolista